Serra di Crispo

Il gioiello del Pollino, quello che viene chiamato il giardino degli Dei.
Unicità in Italia, il bosco dei Pini Loricati sulla Serra di Crispo; siamo nel Pollino, tra faggete e praterie, fioriture senza una fine e i maestosi pini loricati, autentiche sculture naturali; alcuni erano già lì quattrocento anni prima che l'America venisse scoperta.


Da tanto tempo sto pensando di tornare sul Pollino e per un motivo o un altro ho sempre rimandato, ho sempre tenuto a condividere con Marina questo pezzo di Appennino che non conosce affatto e la mia stava diventando smania di rivedere le due Serre con i loro monumentali Pini Loricati che ricordo con nostalgia come unicità naturalistica assoluta. Questi alberi possono vivere fino ai 1000 anni e oltre, proprio uno di questi pini, situato sul versante Sud in una zona impervia e molto scoscesa della Serra delle Ciavole, Italus, risulta essere l’albero più vetusto d’Italia con i suoi 1230 anni. Il nome invece deriva dalla particolarità della sua corteccia che ha una stretta somiglianza alla “lorica”, l’armatura indossata dai guerrieri dell’esercito romano. Proprio ai romani si deve la loro quasi sparizione dal territorio. Il pino Loricato è originario della zona mediterranea orientale e del Sud Italia, è diffuso in Albania, Macedonia e Turchia, meno ora nel Sud Italia dove proprio dai romani è stato ridotto a poche presenze, tutte sul Pollino, a causa dello sfruttamento del suo legno particolarmente longevo e robusto, adatto per la costruzione delle navi. Per fortuna sul Pollino sono rimaste alcune zone intatte e la sua presenza non è compromessa. Come sempre capita con i progetti per realizzarli si cerca il momento opportuno che non arriva mai, sono le estemporaneità, le coincidenze che si creano e che vanno prese al volo le occasioni buone alla fine, a volte vanno un po' aiutate magari e così è andata, dovevamo rientrare su Roma nelle vicinanze del “ponte” del 2 Giugno, abbiamo semplicemente allungato e ci siamo ritrovati in Basilicata, semplice no? Puoi “creare” le occasioni, ma non puoi pilotare il meteo, per quello ti devi affidare alla fortuna e dopo un lungo periodo di tempo stabile siamo incappati in una due giorni di fronte perturbato che però è solo riuscito ad abbassarci un po' il morale e ad accorciare la prima delle due escursioni in programma, di contro ha contribuito ad esaltare la bellezza intima e fuori dal tempo della Serra di Crispo, ma questo aspetto verrà abbondantemente descritto tra poco. Alloggiamo in un agriturismo a 900m di quota sopra Rotonda, lungo strada che sale al rifugio Fasanelli e al colle dell’Impiso; nemmeno mezz’ora di auto per raggiungere il parcheggio del valico dell’Impiso, che troviamo decisamente molto affollato (attenzione, causa la cresciuta frequentazione sono stati posti dei divieti di parcheggio ed in certi periodi può diventare davvero difficile trovare un posto per l’auto); il cielo era velato pesantemente ma non ci facevamo illusioni, era previsto un peggioramento importante verso le 14 ma contavamo ugualmente di riuscire a salire entrambe le Serre, quella di Crispo e quella delle Ciavole e inevitabilmente finire per prendere acqua sulla via del rientro. Non è andata proprio così ma poteva andare anche peggio. Saliamo i cento metri della carrareccia che dividono la provinciale da Colle Impiso dove due tabelloni con dei pannelli di insieme descrittivi dei percorsi distinguono le partenze di due tracce differenti; destinazione Serra di Crispo seguiamo la traccia IPV3 che inizia sulla sinistra del primo tabellone, gira immediatamente a sinistra e inizia a scendere, con pochi tornanti ed un lungo rettilineo nel giro di meno di un chilometro esce dal bosco e raggiunge la piana di Vaquarro dove nel mezzo scorre il piccolo rio che raccoglie le acque del torrente Frido e di quello senza nome che scorre nel valloncello di Viggianello e che nasce dalla sorgente Spezzavummola. Quando si raggiunge la piana si sono persi già poco meno di cento metri di dislivello, la si percorre per tutta la sua lunghezza seguendo una traccia molto ampia, prima di rientrare nel bosco la tracia si divide, per le Serre o più semplicemente per la piana del Pollino una palina indica di continuare sulla sinistra, pochi metri e rientrando nel bosco si attraversa con un innocuo guado l’acciottolato del torrente, qui più ampio e molto più scenografico. Si esce di nuovo su una piccola piana dove confluisce il ruscello che viene dalla sorgente Spezzavumola e si rientra quasi subito nel bosco in coincidenza di una decisa deviazione della traccia, in salita e sulla destra; ancora un breve tratto di faggeta per raggiungere una ulteriore slargo (poco sotto la località Vaquarro alto), dove non ci si deve far tradire da un ometto posto al centro della prateria (+40 min.), la traccia, ampia da apparire una vera sterrata, anche se disconnessa, vira con decisione a sinistra e prende a salire nella faggeta che lasceremo solo all’uscita dei Piani del Pollino. Meno di un chilometro di leggera ma costante salita all’interno della faggeta prima di raggiungere la deviazione sulla sinistra per fonte Rummo, una sorgente utile per fare scorta di acqua in tutte le stagioni, a poche centinaia di metri dal sentiero principale; dalla deviazione per fonte Rummo rimane poco più di mezzo chilometro di salita leggermente più ripida prima di uscire dal bosco sulle piane del Pollino (+50 min.), la prima a manifestarsi per intero è la Serra delle Ciavole oltre le gobbe erbose dei piani del Pollino. Questa piana è del tutto singolare, si divide in piano Toscano, immediatamente sotto le pendici del Pollino e piano del Pollino che sono tutte quella serie di gobbe e doline che salgono gradualmente verso le serre, insieme compongono il complesso dei piani del Pollino che di pianeggiante hanno solo il fondo delle tante doline che si perdono sul largo piano inclinato che porta verso le serre. Dentro il bosco non abbiamo avuto percezione di come evolvesse il meteo, una volta all’aperto non si poteva essere ottimisti ma la speranza di farcela a raggiungere le due Serre come dai piani l’avevamo; finito di prendere confidenza con l’ambiente, una volta che ci siamo guardati tutto attorno per dare un nome ai profili del Pollino e della Serra Dolcedorme che oltre alla Serra delle Ciavole erano le uniche montagne visibili ci incamminiamo verso le Serre; lasciamo la traccia IPV3 seguita fino a quel punto e ci inoltriamo nella praterie seguendo i contorni delle doline e dei vari salti che con agilità fanno prendere quota; di tanto in tanto si intercetta qualche traccia ed anche qualche sparuto segnale bianco-rosso. La direzione era segnata nella mia mente, avevo deciso che la prima e comunque la più importante da salire fosse la Serra di Crispo, il giardino degli Dei, almeno questa con la pioggia o senza, Marina la doveva conoscere. Puntiamo tendendo verso il limite sinistro dei piani la piccola dorsale che sale isolata e anticipa la Grande Porta del Pollino, spicca sulle doline erbose per quella linea di maestosi Pini Loricati che si ergono monumentali. Ci arriviamo velocemente (+ 30min.) e lascio che sia Marina a raggiungerli, ricordo il mio stupore quando li avvicinai la prima volta e volevo ora vivere il suo, diverse volte si è fermata mentre ci avvicinavamo, ad ogni passo erano più affascinanti, davanti ad una prima coppia che sorgeva isolata si è fermata in silenzio e così è rimasta per un istante non proprio breve, avrei pagato per sapere cosa c’era nei suoi pensieri, ma è stato quando salita la piccola crestina si è trovata al cospetto di un gigante che ho provato una sottile felicità, intima e avvolgente, perché la mia compagna di vita finalmente stava vivendo in prima persona il contatto con questi monumenti incredibili che così tanto mi avevano impressionato; ci è arrivata sotto lentamente, si è avvicinata e appoggiando una mano ha seguito il profilo, dalle enormi radici alla cima, una quindicina di metri più in alto, movimenti lenti, silenziosi, un po' come fanno i bambini verso il papà quando in piedi davanti a loro li richiama con tono affettuoso ma deciso. Poi si è voltata e si è sciolta in un sorriso, finalmente questi prodigi della natura entravano nel suo bagaglio di esperienza vissuta. Qualche foto e ripartiamo verso la Serra di Crispo, ancora mezza nascosta della faggeta che si estendeva fin quasi alla Grande Porta del Pollino. Il meteo peggiorava velocemente e grosse nubi corsiere iniziavano a raggiungere le creste sommitali, speravo e volevo che reggesse ma non immaginavo ancora che sarebbero invece state l’elemento in più che avrebbe esaltato questo angolo di paradiso. Tra doline e radure, piccole faggete ed una distesa infinita di fioriture colorate continuiamo per la stessa direzione, verso Nord, volevo raggiungere l’inizio della dorsale della serra per percorrerla per intero ritroso ma ho rinunciato perché il meteo mutava davvero di continuo e non lasciava più speranza, ormai l’odore della pioggia era nell’aria con grande anticipo rispetto alle previsioni. Dopo aver già tanto camminato in mezzo a fioriture di ogni tipo superiamo radure incantevoli, roccette sporgenti e fiori ovunque che era impossibile non calpestare e oltre i faggi le sagome scure dei pini anticipavano la Serretta della Porticella uno scrigno da 2000 metri perfetto nelle sue linee essenziali e già molto molto suggestivo; le linee morbide e la presenza dei primi pini ci fanno scegliere di salire direttamente la larga dorsale verso la Serretta, scivoliamo sotto e accanto ad imponenti pini, rallentiamo il passo, piccole deviazioni per raggiungerli quasi tutti e fermarci al cospetto di cartoline sempre mutevoli. Le nuvole veloci a formarsi e a stendersi su tutto avvolgevano e liberavano gli alberi creando condizione di variabilità estrema, suggestioni al limite del poetico crescevano ogni istante quando le eleganti scure chiome o le sagome scheletriche dei pini morti si esaltavano in un rincorrersi di vedo e non vedo, di immagini una più bella dell’altra; le nuvole che temevo ci stavano regalando momenti perfetti, questa montagna che ho amato tanti anni fa mi stava letteralmente esaltando, quasi commovendo. Superiamo la serretta, scendiamo sul lato opposto dentro una ampia sella che altro non è che la Porticella del Pollino, fioriture di Narcisi sono diffuse ovunque e sono, nel loro candore, un altro meraviglioso contrasto in questo ambiente quasi primordiale. Risaliamo sul filo della dorsale che precipita sul lato opposto, si aprono ampi orizzonti boscosi, abbarbicati sugli speroni calcarei alcuni scheletri di enormi pini ridotti ormai a legnose sculture bianche si sporgono nel vuoto a ricordare che loro un tempo qui erano i signori; chissà quante battaglie hanno sostenuto, sopportato venti, temporali e fulmini, nevicate e gelo, hanno ceduto agli eventi della natura ma hanno resistito al tempo, sono bellissimi nella loro asciutta resilienza. Quasi in piano non rimaneva che raggiungere la vetta della Serra di Crispo, vetta che non doveva essere lontana ma che si perdeva nella nebbia, siamo nel cuore di quello che viene chiamato a ragione il giardino degli Dei. La vetta è un insieme di rocce poco più in alto del piano della dorsale, ci arriviamo (+1,10 ore) che ormai le condizioni sono quasi invernali, il vento trasporta le nuvole che si sfilacciano continuamente e fa anche freddino, ci stava casualmente aspettando un gruppo di ragazzotti che nonostante le condizioni stavano allegramente bivaccando a base di birra e soppressata, dei veri cinghiali ma cinghiali simpaticissimi che ci condividono immediatamente il loro ben di Dio. Dura poco la convivialità, il tempo di due fette di soppressata, di uno scambio di vedute sulle loro montagne e su quelle dei Sibillini che qualcuno conosceva che inizia a piovere!!! No, dico, inizia a piovere e sono solo le 11 della mattina, tre o quattro ore prima di quanto prevedesse la più funesta delle previsioni. Non che cambiasse molto, il problema più grosso era la gestione della macchina fotografica che in quell’ambiente era praticamente sempre accesa e in uso. Rassegnati non possiamo far altro che riprendere la discesa, era inutile continuare sulla dorsale verso Nord; fino alla Porticella più o meno sulle tracce dell’andata sfilando tra pini uno più bello dell’altro, poi senza risalire la Serretta abbiamo seguito una bella traccia che ci ha portato prima dentro una bassa faggeta e poi all’inizio di una radura che sulla carta è distinta dal toponomastico di Mandre del Tarantino; seguiamo le indicazioni di una palina e comunque il profilo delle Serretta fino a uscire di nuovo sulle gobbe dei Piani del Pollino, pioveva che Dio la mandava, le linee di salita della Serra delle Ciavole si intuivano poco lontane oltre la Grande Porta, ci chiamavano e sarebbe stata in fondo una piccola deviazione salirla ma oggi non poteva essere, le previsioni avevano annunciato un’ulteriore forte peggioramento in serata. Il Pollino e la Serra Dolcedorme si perdevano tra le nuove basse, una grigia e bassa cappa era scesa sulla piana. Veloci, intercettando di tanto in tanto la traccia scendiamo, ripassiamo accanto alla piccola dorsale popolata di pini Loricati al centro della piana e tra una dolina e l’altra scendiamo di quota fino a raggiungere l’imbocco del l’IPV3 e quindi il bosco. Nonostante eravamo attrezzati non avevamo più nulla di asciutto addosso, ormai l’unico scopo era arrivare alla macchina e possibilmente evitando di scivolare a terra per non imbrattarsi completamente di terra. Integralmente sulla traccia dell’andata in due ore rientriamo a Colle dell’Impiso (2,10 ore), bagnati completamente, sotto il tetto del tabellone dei sentieri ci gustiamo il panino che non abbiamo avuto modo di mangiare prima, la pioggia cadeva lenta, la faggeta era immersa in una nebbia autunnale, solo il colore chiaro della vegetazione tradiva la capricciosa primavera ed era bello lo stesso. Di solito la pioggia ed il meteo capriccioso ti fanno andare per storto la giornata, e questo è stato il cruccio, il sentimento “grigio” che mi ha pervaso per mezza giornata, poi mi sono accorto che sono stati gli elementi in più per esaltare il Giardino degli Dei, i monumenti dei pini Loricati della Serra di Crispo, oggi li abbiamo visti e vissuti “diversamente”, le nuvole e la nebbia hanno esaltato il bosco “diverso”, hanno reso tutto più intimo, carico di pathos, poetico, scenografico, unico. Non ero ancora salito in macchina e ho promesso a Marina che saremmo tornati a breve, al massimo nel giro di un paio d’anni, magari riuscendo a ritornare anche sulla gemella Serra delle Ciavole, quei pini mi mancavano già, mi è mancata la possibilità di fermarmi dei momenti solo per contemplarli e godermeli. Domani sarà il monte Pollino.